Sostenibilità forte, Sostenibilità debole, curve alla Kuznets

 

 

Sostenibilità è un termine profondamente controverso, che interessa un certo numero di discipline specialistiche e che sfugge ad una definizione efficace ed universalmente accettata.

Per questo motivo, a partire dal primo concetto di "sviluppo sostenibile" enunciato dal Rapporto Brundtland nel 1987, si sono moltiplicate le espressioni che tentano di darne una spiegazione chiara ed esauriente.

Immagine tratta da: http://politicheambientali.provincia.venezia.it/educazione/sviluppo/didattico/SobriFelice/capaci_futuro_svil_sost.htm

Per la verità, non si tratta soltanto di un problema formale, in quanto sui reali contenuti del concetto di Sostenibilità non c'è alcun accordo.

Il pensiero economico classico - forte di un pilastro concettuale che richiede una continua crescita economica nel tempo - elabora un concetto di sostenibilità agganciato ad alcuni principi tra cui:

  • la possibilità di mantenere consumi non decrescenti nel tempo

  • una gestione delle risorse naturali capace di garantirne il loro sfruttamento nel futuro (in coerenza con il Rapporto Brundtland)

  • la presenza di uno stock di capitale globale (naturale + artificiale) costante nel tempo

Viene anche enunciata una regola pratica (il criterio di Hartwick-Solow) che permette di ottenere la sostenibilità di un sistema economico nel senso di "consumo non decrescente nel tempo": "le rendite (surplus dei ricavi sui costi di produzione) generate dall’estrazione di risorse non-rinnovabili devono essere risparmiate e reinvestite in capitale artificiale (impianti, infrastrutture, capitale umano, etc.)".

Per garantire sostenibilità, la regola di Hartwick-Solow deve essere accompagnata da altre due condizioni:

Immagini tratte da:

http://www.riminiturismo.it/rimini/escursioni/delta.html - Parco del Delta del Po
http://www.ufrgs.br/propg/programas.htm

Se le tre condizioni sono soddisfatte, si garantisce che lo stock aggregato di capitale produttivo sia mantenuto costante, e quindi si rende possibile un consumo non decrescente nel tempo.

Questo orizzonte rappresenta la cosiddetta Sostenibilità "debole", che ha come assunto fondamentale la convinzione circa la possibilità di rendere intercambiabili il capitale naturale ed il capitale artificiale. L'accento viene posto sulla somma di queste due quantità che deve permanere costante nel tempo; è sostanzialmente implicito che con il progredire della civiltà umana ed il conseguente utilizzo delle risorse naturali, sia pensabile una perdita di peso percentuale del capitale naturale nel tempo a favore di quello artificiale.

La Sostenibilità cosiddetta "forte" rappresenta una visione della problematica meno ottimista nei confronti dell'intervento umano e non considera sostituibile il capitale naturale perduto con stock di capitale artificiale. In quest'ottica è il capitale naturale a dover essere costante nel tempo, senza possibilità di compensazioni.

Questa differente visione rappresenta una spaccatura altamente problematica nel quadro della ricerca sulla sostenibilità, in quanto le posizioni appaiono apparentemente inconciliabili.

Perfino argomentazioni come le curve alla Kuznets, che dovrebbero fornire una prova a sostegno delle potenzialità dello sviluppo economico, vengono lette e valutate utilizzando parametri di riferimento assolutamente diversi e quindi, di nuovo, in contrasto.

Un esempio di curva alla Kuznets

A fronte della lampante chiarezza dell'andamento di questi grafici - tracciati sulla base di dati reali, espressioni del livello di reddito pro-capite e di numerosi indicatori di qualità ambientale (acqua potabile, particolato, SO2, NOx, CO, etc...) - i quali esprimono un'importante correlazione tra il miglioramento delle condizioni economiche ed il progressivo miglioramento della qualità ambientale, sono molti gli studiosi che individuano contraddizioni nelle modalità di assunzione dei dati.

L'analisi fatta soltanto sulla base del PIL pro-capite in un paese e degli indicatori di qualità ambientale sul suo territorio, viene considerata per nulla rappresentativa, dal momento che estrapola quel territorio dal contesto mondiale entro cui è invece inserito. Il PIL di quella nazione (e questo vale a maggior ragione per i paesi occidentali più sviluppati) beneficia di attività produttive dislocate in altre aree geografiche: solo la redditività di quelle imprese viene considerata nel calcolo, mentre l'utilizzo di territorio, le emissioni, il consumo di materie prime resta fuori, venendo invece imputato al paese dove quegli impianti sono situati.

Secondo questa interpretazione, la sostituibilità tra capitale naturale e capitale artificiale funziona bene solo se si applica uno sguardo parziale, che tralascia una buona parte delle relazioni che un dato processo produttivo intrattiene con aree territoriali diverse o che si legano solo in modo indiretto al processo stesso (ad esempio, i servizi naturali che provvedono al riutilizzo degli scarti ed alla neutralizzazione delle emissioni).

Per tentare di allineare le curve alla Kuznets ad un ragionamento più complesso sono state proposte delle varianti che, ad esempio, prendono in considerazione il rapporto tra consistenza economica pro-capite ed emissioni pro-capite di un inquinante o di un gas serra (SO2, CO2). In questo caso è possibile avere una lettura del problema molto meno generalista (ci si occupa non della "qualità ambientale di un paese", ma semplicemente del livello di emissioni di un particolare composto), ma anche più accurata e rappresentativa.

Fonte: Panayotou (1993), Stern et al. (1996)

Ancora una volta, pare essere la complessità il carattere macroscopicamente più evidente del problema Sostenibilità e su questo terreno, prima che su argomenti di natura più contingente, le diverse discipline devono fare lo sforzo di confrontarsi, per poter veramente avviare un dialogo capace di tener conto di tutti gli apporti in modo costruttivo.

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