IRIS - Istituto di Ricerche Interdisciplinari sulla Sostenibilità
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Ricerca, didattica, epistemologia
Sono molteplici e non sempre concordi le definizioni che negli anni sono state date al termine Sostenibilità. Molto spesso esse tradiscono l’impostazione dell’autore e ne rendono palese il punto di vista culturale ed epistemologico, affidando un ruolo centrale di volta in volta alla componente naturale o antropica.
Un modello piuttosto generale - che evidenzia il ruolo dell’umanità come abitante-ospite del pianeta, piuttosto che gestore - si può sintetizzare affermando che la Sostenibilità è un insieme di conoscenze, atteggiamenti ed azioni che consentono all’umanità di vivere indefinitamente in armonia con i sistemi naturali.
Essa contempla aspetti ambientali, economici, sociali e culturali e si pone trasversalmente rispetto alle discipline tradizionali, interessando la ricerca sul mondo naturale e sulle comunità umane e le loro attività, una sfera didattica, volta alla diffusione di conoscenza e consapevolezza dei termini del problema, e una sfera epistemologica, per una riflessione sul “come” si produce ricerca e conoscenza.
Dallo sviluppo sostenibile ad uno stile di vita sostenibile
Nel 1987 la Commissione Mondiale su Ambiente e Sviluppo (WCED: World Commission on Environment and Development), presieduta dall'allora primo ministro norvegese Gro Harlem Brundtland, nel documento "Our common future" individua per la prima volta il concetto di “sviluppo sostenibile”, definendolo come “quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri". L'obiettivo che traspare da questa concezione è quello di integrare e far coesistere sviluppo economico e conservazione dell'ambiente.
A partire da quel momento le definizioni si susseguono, mentre l’accezione sviluppo sostenibile viene messa in dubbio da molti perché considerata ambigua. Si tratta infatti di una legittimazione a priori del concetto di sviluppo, che mette insieme crescita economica e conservazione dell’ambiente, in un binomio non accettato da tutti gli studiosi poiché risente della pesante contraddizione tra il carattere indefinito della crescita e la natura limitata del pianeta.
Alcuni sostengono che sia preferibile evitare il termine sviluppo sostenibile, per parlare invece di sostenibilità, coniugata eventualmente nelle sue componenti (sostenibilità ambientale, sociale, economica, e così via).
Intorno al tema – che sia associato o meno all’idea di sviluppo - sono state espresse visioni più o meno radicali: a una sostenibilità forte, che considera l’insieme delle risorse e dei servizi offerti dall’ambiente (il capitale naturale) una ricchezza unica ed insostituibile, la cui perdita rappresenta un danno irreversibile e non compensabile, si contrappone una sostenibilità debole che afferma la possibilità di sostituire il capitale naturale, almeno in parte, con capitale creato artificialmente. Tra i due estremi è possibile incontrare molte posizioni intermedie.
Sostenibilità è comunque un concetto ampio che non si limita alla sfera economico-produttiva e al suo impatto con l’ambiente, ma si può facilmente applicare alla globalità dell’esperienza umana, suggerendo uno stile di vita.
Uno stile di vita sostenibile investe sia le scelte di ridurre le emissioni inquinanti, quanto quelle di vedere riconosciuti universalmente i diritti civili agli uomini ed alle donne; persegue tanto la lotta agli sprechi di risorse, quanto la lotta alle ingiustizie; si propone di fermare sia la distruzione degli ecosistemi che le distruzioni prodotte dalle guerre; si occupa tanto della ricerca specialistica, quanto della riflessione sulle modalità con cui questa ricerca viene effettuata.
Non esiste una sostenibilità che prescinda dai rapporti tra gli esseri umani, così come non esiste una sostenibilità che possa non occuparsi della conservazione dell’ambiente.
Il problema sfugge dunque da un ambito ristretto di tipo “economia contro ambiente”, per proporsi come un passaggio obbligato nella storia della conoscenza umana.
Una pluralità di sguardi
Sono molteplici e non sempre concordi le definizioni che negli anni sono state date al termine Sostenibilità. Alcune attribuiscono un ruolo centrale alla componente naturale, e assumono uno sguardo eco-centrico; altre danno più rilevanza all’azione umana, ponendosi da un punto di vista antropocentrico. Si tratta di ‘sguardi’ complementari, talvolta espressi in modo esplicito, talvolta impliciti o addirittura inconsapevoli.
In termini generali si può affermare che la Sostenibilità è un insieme di conoscenze, atteggiamenti ed azioni che consentono all’umanità di vivere indefinitamente in armonia con i sistemi naturali.
La ricerca, la formazione e la riflessione sulla Sostenibilità contemplano aspetti ambientali, economici, sociali e culturali e si pongono trasversalmente rispetto alle discipline tradizionali: la ricerca volge lo sguardo sul mondo naturale e sulle comunità umane e le loro attività; la formazione promuove una crescita di consapevolezza del problema; la riflessione indaga su “come” si produce ricerca e conoscenza, e orienta rispetto a comportamenti e decisioni.
Verso la complessità
Il quadro che si delinea attorno alla Sostenibilità è quello di una tematica pervasa da un grado notevole di complessità, dovuta alle molteplici variabili in gioco, alle interazioni tra di esse, alla difficoltà di stabilire relazioni lineari di causa-effetto, all’imprevedibilità intrinseca dei sistemi chiamati in causa, dettata spesso dalla non-linearità delle risposte e dalla presenza di effetti soglia.
A questo si somma un grado di conflittualità significativo all’interno del dibattito sulla Sostenibilità, dovuto alle differenti prospettive e punti di vista degli studiosi che se ne occupano: economisti, biologi, naturalisti, sociologi, fisici, geologi, ingegneri, psicanalisti, educatori.
In questo ampio dibattito, la riflessione sulla Sostenibilità rischia di arenarsi tra posizioni opposte ed inamovibili, mentre l’attuale modello di sviluppo continua a intervenire sugli ecosistemi e sulle strutture sociali, con una intensità senza precedenti, determinata dalle enormi potenzialità messe a disposizione dalla tecnologia.
Per tentare di comporre un dialogo interdisciplinare, finalizzato alla reciproca comprensione tra le diverse prospettive di studio ed approccio, IRIS si pone l’obiettivo di realizzare un’interazione costruttiva tra gli apporti di quelle scienze (e – al loro interno – degli studiosi che con diversi sguardi e sensibilità se ne occupano) maggiormente inclini a considerare il fattore umano come centrale e quelle più sensibili al ruolo dei sistemi naturali.
Non solo. Nuovi sguardi sono offerti da altri percorsi di ricerca, impegnati a creare nuove possibilità interpretative o attenti alle dimensioni interiori dell’umanità, le quali possono essere proficuamente richiamate nel dibattito sulla Sostenibilità quando ad essa si associ un carattere olistico, globale, che investe la totalità dell’esperienza umana: dall’interazione con il mondo naturale, alle attività produttive, all’organizzazione sociale, alla sfera culturale, alle esperienze emotive e spirituali.
E’ un orizzonte ampio e complesso, entro il quale gli stessi ricercatori di IRIS si collocano con un coinvolgimento differente.
Per alcuni va comunque assicurato un carattere prioritario alla ricerca specialistica e quantitativa, capace di fornire conoscenza dimostrabile e non condizionata da fattori estranei alla rigorosa razionalità, lasciando un ruolo di secondo piano ai contributi legati ad uno studio sistemico, qualitativo.
Per altri – in un contesto caratterizzato da elevata complessità, ampi margini di incertezza, dinamiche di feedback poco note e considerata l’entità della posta in gioco – è necessario rivalutare nella pratica scientifica gli aspetti legati all’incertezza e prendere atto dell’inestricabile intreccio tra fatti e valori.
Da qui nasce un importante dibattito sul grado di legittimità dei diversi interventi.
Nasce cioè la domanda se in tema di Sostenibilità sia lecito / opportuno / necessario mettere in relazione contributi specialistici della ricerca disciplinare con contributi di scienze evolutive, caratterizzati da ampi margini di casualità ed imprevedibilità.
Dalla scienza specialistica e disciplinare alla scienza post-normale
Coesistono così atteggiamenti legati ad un’impostazione scientifica tradizionale ed altri più vicini ai contributi della Scienza Post-normale. Secondo Funtowicz e Ravetz (1999), la Scienza acquista un carattere post-normale laddove i problemi di ricerca che hanno dirette implicazioni in scelte politiche (la Sostenibilità ne è un chiaro esempio) si fondano su fatti incerti e su valori controversi, e ci si trova spesso in circostanze in cui vi è la necessità di prendere decisioni politiche urgenti, che possono avere conseguenze sociali e ambientali rilevanti. Diventa allora necessario affiancare alla ricerca quantitativa e specialistica un parametro nuovo, un approccio che tiene conto della complessità delle situazioni e della pluralità di legittime interpretazioni. In condizioni di incertezza o di ignoranza (quali sono le situazioni in cui sono implicate le relazioni di interdipendenza tra i sistemi naturali e le popolazioni umane che su di esse agiscono) la pluralità di approcci e il dialogo che tra di essi si intreccia aiuta a orientarsi. La ricomposizione dei saperi richiede una riflessione sui processi di costruzione di conoscenza delle diverse discipline, ne scopre le differenze, e mette in luce aspetti epistemologici che orientano l’attenzione verso le caratteristiche qualitative della conoscenza.
[Funtowicz, S. and J. Ravetz. Post-Normal Science - an Insight now Maturing. Futures; 31:7, 641-646, 1999[]
La prospettiva di un "disaccordo stimolante"
La prospettiva accademica – spesso implicita – è che tutti gli ambiti di ricerca accreditati facciano riferimento a una unica epistemologia: per questo spesso si parla di Scienza al singolare, e non di tante scienze. L’epistemologia giunge a supporre che tutti i contributi a un dato discorso siano commensurabili (suscettibili a essere sottoposti a un insieme di regole in grado di indicarci come un accordo razionale può essere raggiunto). Il dialogo – che spesso sfocia nella discussione, talvolta nella controversia – tra i membri di IRIS ha messo in luce come in realtà siano presenti epistemologie diverse, che rendono incommensurabili i contributi portati dai vari sguardi.
Seguendo le indicazioni di Rorty (2004) si può cercare di ricorrere all’ermeneutica, che “… non è il nome di una disciplina, né un metodo per conseguire il tipo di risultati che l’epistemologia non ha raggiunto, e nemmeno un programma di ricerca. Al contrario, nell’ermeneutica si esprime la speranza che lo spazio culturale lasciato dall’abbandono dell’epistemologia non venga affatto riempito – che la nostra cultura diventi tale che in essa non si avverta più l’esigenza di cogenze definitive e ultime … l’ermeneutica coglie le relazioni tra i vari discorsi, come tra le linee di una possibile conversazione, una conversazione che non presuppone matrici disciplinari comuni ai parlanti, ma fin che dura mantiene la speranza dell’accordo. Questa speranza non punta alla scoperta di un terreno comune esistente in precedenza, ma semplicemente all’accordo, o almeno a un disaccordo stimolante.”
[Richard Rorty , La filosofia e lo specchio della natura Milano Bompiani pp 631-637, 2004]..