24 Novembre 2010 - Homepage a cura di Silvano Folco
Di fronte al consumo vorace di risorse legato alle attività industriali, alla produzione di energia, alle pratiche agricole intensive e al commercio globale, soffermarsi a parlare di musica e sostenibilità appare probabilmente come un esercizio un tantino lezioso e fine a se stesso.
Mentre una buona fetta del mondo della ricerca guarda con comprensibile sufficienza ad una problematica tanto marginale, dirigendo i propri sforzi su aree produttive ben più sostanziali, la maggioranza dei decisori politici e degli amministratori, per parte sua, vede nel binomio musica e sostenibilità soltanto un buon veicolo per pubblicizzare il proprio presunto impegno “verde”.
Il risultato che ne scaturisce è che dietro al gran parlare di eventi a impatto zero, di green music e di festival sostenibili, una volta enfatizzati gli aspetti emotivi e di immagine, lo spazio dato alle scelte concrete e soprattutto agli studi oggettivi che consentono di migliorare l’impatto negativo sul pianeta del fare musica è davvero molto poco.
Perché in realtà anche la musica - in quanto attività produttiva, in alcuni casi anche di livello industriale – lascia la propria pesante impronta sul territorio e può manifestare effetti negativi sull’ambiente contribuendo ad aumentare le emissioni di gas serra e sostanze inquinanti, e la produzione di rifiuti non sempre facilmente smaltibili.
L’obiettivo di questa analisi è di andare a verificare – una volta stabilito che esiste un problema di sostenibilità dei processi di produzione e consumo di musica - che cosa si muove attorno a questa tematica, quali studi siano stati fatti, quali esperienze si possono raccontare e se esistono prassi virtuose che possano essere assunte dagli attori di questo sistema.
Il mio percorso su musica e sostenibilità si svolge da una prospettiva parziale: mi occupo e conosco il mondo della musica leggera, pertanto la mia analisi prenderà poco in considerazione ambiti di musica colta, lirica e sinfonica in particolare.
Ma d’altro canto, sia per numero di eventi che per dimensioni, la musica leggera (in particolare il variegato mondo del rock e del pop) rappresenta la parte del leone nel consumo di risorse determinato dalla produzione musicale.
Focalizziamoci dunque su un fenomeno che, solo in Italia, nel 2009 ha comportato la realizzazione di oltre 350.000 spettacoli con musica dal vivo (considerando i cosiddetti “concertini”, esibizioni tipiche dei locali dove l’intrattenimento non risiede solo nell’offerta musicale: pianobar, live music pub, etc…), oltre 20.000 concerti e un totale che supera i 30 milioni di presenze (dati SIAE, Annuario dello Spettacolo 2009).
Questo insieme ha dato luogo alla produzione di oltre un milione e mezzo di tonnellate di CO2 equivalente.
Dati di tale portata rendono di per sé ragionevole occuparsi della capacità di questo sistema di operare in modo efficiente e compatibile con la salvaguardia dell’ambiente.
Ma, a parer mio, il significato dell’interrogarsi sulla sostenibilità ambientale del sistema musica risiede anche (e forse soprattutto) nella valenza culturale e di “modello” che un ambito come quello della musica leggera esercita su un numero elevatissimo di persone, giovani in particolare.
Fornire a quell’ambito solide basi e una oggettiva capacità di regolamentare e ridurre il proprio impatto certifica la legittimità con cui prese di posizione e messaggi “verdi” possono essere offerti al pubblico.
Detto in altri termini, ha poco senso occuparsi di deforestazione in Amazzonia o di povertà in Africa quando con un singolo concerto si consumano quantità estreme di risorse preziose, spesso sottratte proprio da quei territori che si pretende di salvaguardare.
Se ha dunque senso interrogarci sul grado di sostenibilità del mondo della produzione musicale, andiamo a vedere cosa è successo negli ultimi decenni a partire da quegli anni ottanta che hanno legato la propria fama all’eccesso ed all’uso smodato di risorse.
L’intrico di laser che saettano sul palco da bracci robotizzati passa quasi in secondo piano quando, nel mezzo del concerto, un gigantesco letto sorvola l’intero stadio e si schianta, in un turbine di effetti luminosi, nel poderoso schermo circolare dietro al palco.
Perfino l’imponente maiale gonfiabile che volteggia sopra il pubblico sembra per un attimo confondersi.
Siamo nel 1988 e il mondo conosce “The momentary lapse of reason Tour”, una lunga sequenza di concerti che saluta il ritorno alla grande dei Pink Floyd dopo l’uscita di scena di Roger Waters e che sarà ripreso nel doppio album live dal titolo “The delicate sound of thunder”.
Lo spettacolo grandioso e impressionante è un’icona del gigantismo raggiunto da molti concerti rock, nei quali la cornice scenografica va a sovrapporsi e poi a sostituirsi alla proposta musicale, e dove il messaggio viene veicolato attraverso la potenza scenica, l’uso spinto della tecnologia, l’impatto emotivo e di conseguenza gli alti consumi energetici.
Appena un anno prima, nel 1987, il rapporto “Our common future” della Commissione Mondiale su Ambiente e Sviluppo presieduta da Gro Harlem Brundtland, aveva delineato per la prima volta il concetto di sviluppo sostenibile, ma nel panorama musicale l’idea di soddisfare i propri bisogni senza compromettere le possibilità delle future generazioni di soddisfare i propri è ancora completamente assente.
Per tutti gli anni ‘90 si susseguono tournée dei principali protagonisti del mondo del rock caratterizzate dall’inseguimento di nuove frontiere comunicative, con l’uso di effetti scenici sempre più potenti, palchi via via più grandi, potenze sonore dell’ordine dei milioni di watt.
Ancora oggi, negli anni della crisi economica, ad anni di distanza dalla firma del protocollo di Kyoto, nella generale esaltazione della green economy, si assiste alla realizzazione di spettacoli faraonici, come “360 Tour”, proposto in decine di date dagli U2 tra il 2010 e il 2011.
Il “360 Tour” degli U2 può essere considerato esemplificativo per dare un’idea dei numeri in gioco quando si parla di grandi concerti rock.
Mentre “l’artiglio” si conficca nel cuore di stadi invasi da decine di migliaia di persone ogni sera, alla periferia del mondo della musica cresce un fenomeno che non è nuovo, ma che rappresenta una nuova visione.
Si moltiplicano gli eventi acustici, dove due, tre, quattro musicisti eseguono musica su strumenti semplici, a volte autocostruiti, in locali piccoli con un piccolo pubblico.
Qui l’accento è sull’emozione convogliata dalle mani che suonano, dalle voci che cantano, senza alcun filtro scenografico.
Ma la cosa straordinaria non è l’esistenza di questi minuscoli eventi, quanto l’affacciarsi di questo tipo di performance ad un pubblico più vasto attraverso le radio, alcune televisioni e il web.
Come se stesse nascendo una nuova sensibilità musicale (propriamente musicale) da parte dei fruitori di musica leggera, capaci di emozionarsi, lasciarsi prendere e coinvolgere da semplici “suonatori” privi della sovrastruttura elettronico-tecnologica che in molti casi sembra ancora essere costituente fondamentale del messaggio.
Un bell’esempio, che vale la pena di ascoltare per l’originalità e la qualità musicale è rappresentato da “Musica Nuda” un duo composto da una voce femminile e un contrabbasso dediti all’esecuzione di brani rielaborati in questa chiave inusuale e alquanto minimalista.
Ma l’offerta nei piccoli club e circoli ricreativi e culturali delle città è ampia, variegata e di qualità; la musica proposta è frutto di contaminazioni tra generi diversi, con il denominatore comune della semplicità di esecuzione e delle sonorità acustiche.
Si assiste addirittura ad una forte richiesta (ad esempio nella città di Torino e prima cintura) di ensemble acustici, superiore all’offerta: un dato incredibile in un ambito dove il rapporto tra band presenti sul territorio e serate disponibili è di almeno 50 a 1 se non di più.
Dal 2008, con l’avvio del programma “Edison change the Music” avviato dall’omonima azienda che opera nel settore energetico, sono stati fatti degli studi sull’impatto ambientale della musica in Italia, in particolare per quanto concerne il settore che coinvolge gli eventi dal vivo, ovvero i concerti (di musica leggera).
Sono disponibili ad oggi 3 rapporti, uno generico redatto nel 2008 e due un po’ più articolati che riferiscono i dati relativi al 2008 ed al 2009.
E’ interessante notare che l’anno scorso, a fronte di oltre 20.000 concerti, più del 75% appartengono alla categoria dei piccoli eventi, mentre solo 1 su 20 è un concerto di grandi dimensioni.
Per quanto riguarda l’impatto ambientale, la totalità di questi eventi ha determinato l’emissione di 1.665.590 tonnellate equivalenti di CO2, di cui 1.268.839 dovute solo ai concerti grandi, cosicché il 5% delle iniziative è responsabile del 75% delle emissioni. I dati sulle quantità di emissioni per evento parlano di 5,5 t per gli venti piccoli e 1.177 t per quelli grandi.
Stimando una presenza media di 400 spettatori ai concerti piccoli e di 10.000 a quelli grandi si può calcolare che l’emissione media per spettatore nei grandi eventi è di 117,7 kg, mentre nei piccoli live è pari a 13,75 Kg.
E questo dato, lo spettatore che si reca ad assistere al mega-evento piuttosto che alla serata organizzata in una piazzetta di quartiere è bene e giusto che lo sappia!
Interessante è conoscere la composizione delle emissioni per ambito. Sono stati individuati tre principali ambiti di impatto: i consumi energetici necessari all’evento in sé (prove comprese), i consumi per i trasporti e quelli per i materiali (principalmente cibi e bevande, carta e consumabili per la promozione).
I trasporti risultano essere di gran lunga la componente più impattante, essendo responsabili per circa il 70% delle emissioni in eventi piccoli, medi e grandi.
Curiosamente, il fabbisogno energetico legato allo spettacolo vero e proprio rappresenta appena il 3% del totale delle emissioni.
Un ulteriore dato meritevole di attenzione è la costante, sebbene lieve, discesa delle emissioni negli ultimi tre anni, malgrado il numero complessivo di eventi sia cresciuto di oltre 3.000 unità dal 2007 al 2009. La riduzione percentuale maggiore si è verificata nei grandi eventi, grazie alle numerose iniziative messe in campo su concerti di grande scala. E’ evidente il valore aggiunto dato alle manifestazioni da una strategia comunicativa legata alla “ecocompatibilità”, che spiega il successo di apparati completamente alimentati da energie rinnovabili utilizzati durante festival o kermesse di rilevanza nazionale.
Significativo è notare come l’adozione di un “palco rinnovabile” con l’intero fabbisogno energetico fornito da moduli fotovoltaici e/o generatori eolici abbia un impatto molto forte sul pubblico, garantendo un carattere “ecologico” alla manifestazione, mentre abbiamo visto come l’incidenza reale del consumo energetico sull’impatto dell’evento sia minima, rispetto alla voce trasporti.
Ma purtroppo sull’aspetto della mobilità, le iniziative concrete sono relativamente poche, probabilmente perché le politiche che si possono adottare vengono percepite in misura molto minore (leggi: hanno un basso ritorno di immagine), richiedono sacrifici da parte del pubblico e sono di difficile organizzazione, senza una complessa attività di concertazione con enti locali, aziende di trasporto pubblico, etc…
Numerosi artisti nazionali ed internazionali sentono l’importanza di una maggiore attenzione nei confronti delle tematiche di sostenibilità legate al proprio ruolo di produttori di musica.
Nel 2009 il tour dei Subsonica si è distinto per la forte connotazione “verde”, soprattutto nella comunicazione, mentre l’azione concreta si è rivolta a misure quali la partnership con LegAmbiente per sostenere un messaggio contro il ritorno al nucleare e l’adozione in alcune performance live di impianti luce e audio alimentati attraverso pannelli fotovoltaici.
Ligabue ha invece scelto la diffusa prassi della riforestazione per compensare le emissioni dovute all’uscita del suo album “Secondo tempo”, e allo stesso modo ha fatto Jovanotti in occasione del "Safari Tour 2008".
Ad un livello che mi sembra più profondo e che denota probabilmente anche un maggiore interesse per la tematica si pone l’atteggiamento dei Radiohead, la band inglese che ha sconvolto il mercato discografico nel 2009 quando ha lanciato il suo ultimo disco di inediti consentendone il download gratuito dalla rete.
Un atteggiamento del genere è di per sé prova di una certa sensibilità verso un modo di essere sostenibile. Ma, in tema più prettamente ambientale, i Radiohead hanno assunto un approccio molto serio, commissionando un’indagine a Best Foot Forward per valutare l’impatto complessivo dei tour mondiali del 2003 e 2006.
Anche qui, con emissioni totali di oltre 9.000 (2003) e 2.300 (2006) tonnellate equivalenti di CO2 e un’impronta calcolata rispettivamente di 3.655 e 902 ettari, la componente principale nell’impatto è data dai trasporti, soprattutto per la mobilità del pubblico.
Un intero capitolo del report è dedicato alle possibili soluzioni per aumentare il grado di sostenibilità nella realizzazione di concerti: interessante è la proposta di diminuire il numero di date del tour, preferendo ad esse la partecipazione a festival, dove è possibile incontrare già di per sé un gran numero di spettatori. Per ciò che concerne i trasporti si ipotizzano soluzioni per gli spostamenti della band e dello staff (treni charter, che porterebbero ad una riduzione del 95% delle emissioni rispetto all’uso di aerei e camion), per l’incentivazione del car pooling (biglietti d'ingresso a tariffe agevolate), mentre anche qui si prende atto della difficoltà di spingere la migrazione dal mezzo privato al trasporto pubblico per gli spostamenti dei fan.
Un interessante contributo che alcuni degli studi proposti stanno fornendo al panorama di artisti e organizzatori di eventi risiede in una serie di best practices elaborate al fine di sostenere gli attori in gioco nel loro impegno verso un più alto grado di sostenibilità del sistema musica.
Lo studio di Edison Change the Music ha proposto un decalogo che identifica delle prassi molto generali, senza entrare approfonditamente nel merito. Si tratta di suggerimenti, come:
- localizzare l’evento musicale in un luogo ben servito dalla rete dei trasporti urbani;
- realizzare preferibilmente la manifestazione musicale durante le ore diurne per la riduzione dei consumi energetici dovuti al sistema luci;
- produrre energia elettrica a zero emissioni da impianti solari fotovoltaici o acquistare energia elettrica prodotta da impianti che utilizzino fonti rinnovabili per alimentare il sistema audio, luci e video;
- utilizzare apparecchiature efficienti come gli impianti a led e gli amplificatori digitali e alimentare i gruppi elettrogeni con il biodiesel invece dei combustibili fossili;
- promuovere l’utilizzo di mezzi di trasporto efficienti per lo spostamento della band e dell’equipment musicale preferendo l’uso del treno o delle auto alimentate a metano o biodiesel invece delle auto o camion alimentati a benzina;
- incoraggiare soluzioni di trasporto efficiente per lo spostamento dei fan: trasporto su treni, tram e autobus premiato con una consumazione o con un gadget, adozione del car pooling e di servizi navetta;
- favorire l’utilizzo di prodotti in materiale riciclato;
- incentivare la raccolta differenziata dei rifiuti;
- annullare le emissioni residue di CO2 con l’acquisto di crediti di emissione di tipo VER (Verified Emissions Reductions) sul mercato volontario o con la piantumazione di alberi nell’ambito di progetti di forestazione (in Italia e all’estero).
Un bel progetto di respiro davvero globale è stato messo a punto da 3 autori, Sarah Brook, canadese, Alexandre Magnin, francese e Dan O’Halloran, australiano. Il frutto del loro lavoro è il "Sustainable Music Festival Guidebook", un testo che con uno stile molto diretto, efficace e fortemente connesso al mondo della musica offre uno studio sull’impatto degli eventi musicali, riconoscendo soluzioni articolate per migliorare il grado di sostenibilità in particolare dei festival musicali.
E’ dichiaratamente rivolto agli organizzatori, agli artisti ed ai decisori politici; la prospettiva che viene presentata è quella di accrescere la propria competitività sul mercato, acquisire una reputazione positiva in quanto ambientalmente compatibile, realizzare un risparmio economico nel medio-lungo termine e entrare a far parte di un movimento di interesse planetario qual è quello che opera per la diffusione di uno stile di vita sostenibile.
Interessante è l’inserimento del discorso musicale come parte di un approccio più ampio e complesso che riguarda i flussi di materia ed energia, fornendo alla trattazione quello spessore e quella prospettiva che purtroppo sono fortemente carenti in tante altre pubblicazioni del settore, molto spesso limitate ad essere elenchi di buoni comportamenti o raccolte di dati e statistiche difficilmente collocabili dagli addetti ai lavori in un quadro motivazionale più articolato.
- Edison Change the Music - http://www.edisonchangethemusic.it
- Edison Change the Music. Rapporti 2007, 2008, 2009 - http://www.edisonchangethemusic.it/cont...
- SIAE, Annuario dello Spettcolo, 2009 - http://www.siae.it/view_SPP.asp?PageName=Statistica_Bibl...
- SIAE, Annuari dello Spettacolo - http://www.siae.it/statistica.asp?link_page=Statistica_Ann...
- EcoLuce. Service per eventi alimentati da energie rinnovabili - http://www.ecoluce.org/
- Palchi a energie rinnovabili come best practice - http://www.fonti-rinnovabili.it/index.php?c=best-practice_dett&id=1435
- Ecological footprint and carbon audit of Radiohead North American Tours, 2003 and 2006 - http://www.bestfootforward.com/media/upload/report/BFF_Radiohead_Final.pdf
- The Sustainable Music Festival Guidebook - http://www.naturalstep.org/en/rock-on-a-sustainable-music-festivals-guidebook
- A research blog on the subject of sustainability and music - http://sustainablemusic.blogspot.com/
- Elements of a Sustainable Music Festival: 8 videos about organizing a sustainable music event (see also related videos) - http://www.youtube.com/watch?v=MZYoO7ms_ok
- Musica Nuda: Come together, dal vivo su France2 - [Video]
- Musica Nuda: Couleur café - [Video]
- lamusicadiSil: Ceu Ceu - [Audio]
- lamusicadiSil: Amaro il mio caffè - [Audio]
- Longital, ovvero Daniel Salontay & Shina - [Video]
- Josh Woodward: The Spirit World - [Audio]
- Breogàn: Marea Alta - [Audio]
- The Wind Whistles: Jim & Ruth - [Audio]
- Jespa: Orla - [Audio]
- Eva Milan: Vuoto sonico - [Audio]
- Lull: One Week Time - [Audio]
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Le immagini sono di (in sequenza sulla pagina):
- Silvano Folco
- Dal sito: http://www.lamusicadisil.it
- Silvano Folco
- Dal sito: http://masaplus.blogspot.com/2007_09_01_archive.html
- Dal sito: http://www.u2.com
- Dal sito: http://www.viaggiatoridinote.it/eng/artisti.php
- Edison Change the Music, Report 2009. Cartella stampa
- Edison Change the Music, Report 2009. Cartella stampa
- Dal sito: http://iltato.wordpress.com/2008/07/06/tra-palco-e-realta/
- Ecological footprint and carbon audit of Radiohead North American Tours, 2003 and 2006
- The Sustainable Music Festival Guidebook
- The Sustainable Music Festival Guidebook
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