IRIS - Istituto di Ricerche Interdisciplinari sulla Sostenibilità
 

Alexander Langer

Il pensiero di Alexander Langer

9 Novembre 2010 - Homepage a cura di Enzo Ferrara








Per una sostenibilità a misura d’uomo

“Da qualche secolo e in rapido crescendo si produce falsa ricchezza per sfuggire a false povertà. Di tale falsa ricchezza si può anche perire, come di sovrappeso, sovramedicazione, surriscaldamento. Falso benessere come liberazione da supposta indigenza è la nostra malattia del secolo, nella parte industrializzata e "sviluppata" del pianeta. Ci si è liberati di tanto lavoro manuale, avversità naturali, malattie, fatiche, debolezze – forse tra poco anche della morte naturale – in cambio abbiamo radiazioni nucleari, montagne di rifiuti, consunzione della fantasia e dei desideri. Tutto è diventato fattibile ed acquistabile, ma è venuto a mancare ogni equilibrio.”
Così rifletteva Alexander Langer, nel 1994, sostenendo che la conversione ecologica, per potersi affermare, deve diventare socialmente desiderabile.
Alexander (Alex) Langer fu un politico, scrittore e giornalista italiano nato a Vipiteno il 22 febbraio 1946, spentosi a Firenze il 3 luglio 1995; iniziò la sua militanza come esponente dell'organizzazione Lotta Continua, fu fra i pochissimi leader del 1968 capaci di uscire dal movimento senza restarne travolti. Diede poi un contributo fondamentale e innovativo alle tematiche ambientali e fu tra i fondatori negli anni ottanta del movimento politico dei Verdi in Italia ed in Europa. Langer fu inoltre promotore di numerosissime iniziative per la pace, la convivenza, i diritti umani e la difesa dell'ambiente. Con i Verdi, fu consigliere provinciale a Bolzano. Venne eletto al parlamento europeo una prima volta nel 1989 divenendo il primo presidente del gruppo parlamentare dei Verdi. Fu rieletto nel 1994.

Alexander Langer

È opportuno riprendere il filo del discorso impostato da Alexander Langer, ancora quindici anni dopo la sua scomparsa, per il recupero di un dibattito sui temi della sostenibilità meno tecnico e, possibilmente, più umano. L’impressione, infatti, è che poco per volta, ma con maggior zelo dopo il meeting di Copenhagen del dicembre 2009 [1] – durante il quale ha prevalso la politica dell'unilateralismo in materia di prevenzione dei cambiamenti climatici, imposta principalmente da USA e Cina – la declinazione più convenzionale del concetto di sostenibilità e le riflessioni più comuni sui limiti delle risorse abbiano come riferimento quasi esclusivo la quantificazione accurata il più possibile di grandezze e indicatori di tipo economico, naturale, sociale. Questa osservazione è confermata da numerose pubblicazioni recenti, presentate anche su queste pagine. Simone Contu e Marco Bagliani, per esempio, hanno osservato che “nel corso degli anni si è passati dal principale ed unico valore riconosciuto, quello economico (…) ad un approccio più completo nella ‘misurazione’ della natura” [2]. Su Nature, Lindsay C. Stringer, ha scritto che “aumentare i dati scientifici per inquadrare gli effetti ambientali aiuterebbe a coordinare informazioni che cadono sotto le competenze di molteplici agenzie e accordi internazionali, e renderebbe minore il rischio di duplicazione delle analisi e dei rapporti” [3]. “Una nuova direzione ai negoziati per il clima”, ha titolato il Worldwatch Institute riprendendosi dopo il disappunto per il fallimento di Copenhagen, e riferendosi a una quantificazione economica del danno prodotto dalle emissioni di gas serra, ha aggiunto: “i lineamenti di un nuovo approccio pragmatico stano cominciando a emergere” [4].

A dire il vero, a fronte del vuoto di decisioni politiche, dal meeting danese COP15 è uscita perlomeno una presa di coscienza collettiva del problema delle variazioni climatiche. E, per citare ancora il protagonista di questa presentazione, è difficile negare che “Fintanto che non si avranno in tutti gli ambiti (Comune, Provincia, Regione, Stato, UE, ...) accurati bilanci della reale economia ambientale che facciano capire i reali "profitti" e le reali perdite, non sarà possibile sostituire gli attuali concetti di desiderabilità sociale, e tanto meno un cambiamento dell'ordine economico.”
Finora, però, questa presa di coscienza si è risolta principalmente in una spinta verso una nuova ondata di misurazioni delle risorse naturali e del loro consumo nei più vari aspetti, dall’aumento di acidità degli oceani allo spessore dei ghiacciai, al monitoraggio via satellite della desertificazione o degli smottamenti dei territori andini. Gli approfondimenti sulle cause prime, sulle radici dei problemi ecologici globali non riescono a trovare spazio oltre la cerchia dei ricercatori e delle istituzioni, numerose, che si dedicano al loro studio.
Sempre restando sul tema del riscaldamento del pianeta, raramente si era vista una concentrazione di capi di governi, statisti e ministri in un solo luogo come accaduto a Copenhagen lo scorso anno, eppure l’accordo siglato non prevede nessun trattato vincolante, nessun obbligo di responsabilità. Il testo finale (tre pagine) contiene un vago impegno a mantenere la crescita della temperatura entro i due gradi centigradi, ma senza nessuna indicazione di indirizzo sui tagli ai gas serra. Gli impegni finanziari ammontano a trenta miliardi di dollari da erogare fra il 2010 e il 2012, per arrivare successivamente e a cento miliardi l’anno entro il 2020 ma senza nessun vincolo sul genere di spesa e nessun accenno alla riduzione delle emissioni del cinquanta percento, che nelle previsioni dei climatologi andrebbe raggiunta entro il 2050 per evitare scenari ambientali estremi. I paesi che hanno sottoscritto l’accordo si sono impegnati a dichiarare autonomamente, entro il primo febbraio 2010, la quota di riduzione delle emissioni di gas serra per il periodo 2015-2020 ma senza la definizione di un sistema di monitoraggio indipendente, accettato da tutti. Entro il tredici aprile 2010, in effetti, le tabelle lasciate vuote dall’accordo di Copenhagen sono state riempite (http://unfccc.int/home/items/5262.php) ma con obiettivi insignificanti. Su Nature, la ricercatrice Malte Joeri Rogelj ha osservato: “È sorprendente osservare quanto poco ambiziosi siano questi impegni. L’Unione Europea ha offerto tagli del venti-trenta percento; un obiettivo del venti percento in meno entro il 2020 significa una riduzione annua minore di quanto è stato in media realizzato negli ultimi trenta anni. Gli USA hanno dichiarato un obiettivo di riduzione del diciassette percento rispetto alle emissioni del 2005, il che significa il tre percento in meno dei livelli del 1990” [5]. Solo Giappone e Norvegia tra i paesi ricchi si sono impegnati per una riduzione del 25 percento e del 30 – 40 percento, rispettivamente, rispetto al 1990 (si veda il sito http://www.climateactiontracker.org/).

Alexander Langer

La situazione fa risaltare l'incapacità della politica, ormai assorbita e dipendente dalle dinamiche inarrestabili dell'economia globale, di offrire risposte sovranazionali all'altezza dei problemi del nostro tempo che vadano oltre una “presa d’atto” della situazione. Intanto, perfino le analisi militari confermano le previsioni pessimistiche e ammoniscono i governanti: “La prevenzione dei conflitti futuri è una delle motivazioni che stanno alla base della necessità di una risposta sociale ai cambiamenti climatici, e i prossimi cinque anni saranno cruciali per indirizzarsi verso un mondo più emancipato ed ecologicamente sostenibile. Dove c’è più lavoro da svolgere è nel convincere i responsabili della sicurezza internazionale che occorre prevenire le variazioni climatiche e che la scelta di proteggere soltanto le popolazioni ricche è fondamentalmente inadeguata” [6].

In questo scenario, l’idea della misura, delle misurazioni e dei calcoli come strumento di conoscenza alla base del principio “conoscere per agire”, è sicuramente uno dei punti cardine dell’intervento, ma occorre non confondere obiettivi e strumenti. È importante, inoltre, accompagnare i dati sperimentali e teorici con ulteriori considerazioni, se si vuole andare oltre la semplice contabilizzazione degli squilibri. Ad esempio, nel rapporto del Wuppertal Institut del 2007, “Per un futuro equo” (si veda l’intervento di G. Ruggieri http://aspoitalia.blogspot.com/2008/11/con-o-senza-limiti-efficienza.html) si osserva che se anche avessero successo, le strategie di efficienza – cioè, la riduzione d’uso di materiali ed energia inglobati in ogni tipo di merce o prestazione grazie al riciclaggio e all’ottimizzazione di tecnologia e organizzazione – rappresentano un ottimo battistrada sulla via della sostenibilità, ma mostrano i propri limiti quando, nel complesso, l’aumento della quantità di merci e di energia impiegate eccede quel che si risparmia.

Nell’illustrazione degli scenari futuri occorre inserire, allora, anche considerazioni sulle questioni ambientali, economiche e sanitarie e sulle loro criticità. Emerge così, con le parole del Wuppertal Institut, il concetto di compatibilità, che rappresenta il connubio tra natura e tecnologia, il cui principio cardine è che i metabolismi industriali non devono danneggiare quelli della natura e il cui corollario è che in un sistema efficiente e compatibile non esistono rifiuti, solo prodotti. Ma anche la strategia della compatibilità non è una panacea. Le tecnologie informatiche, per esempio, non hanno portato a un minore consumo complessivo di materia ed energia. Va sottolineata, quindi, la rilevanza del potenziale di risparmio energetico e l’importanza dei concetti di autonomia energetica e responsabilizzazione nelle scelte dei modelli economici – sintetizzabili nel concetto di sufficienza – se si punta a un equilibrio fra efficienza energetica e limiti del pianeta. La sufficienza ci interroga su quanto sia abbastanza, su cosa possano tollerare realmente l’economia e gli esseri viventi – ribadisce il rapporto Wuppertal – “mentre efficienza significa fare le cose nel modo giusto, sufficienza equivale a fare le cose giuste” (http://www.wupperinst.org/en/projects/topics_online/eco_sufficiency/index.html). Efficienza, compatibilità e sufficienza: le tre strade per la sostenibilità sono tutte necessarie, nessuna è sufficiente. Tutte condividono qualche limite e solo ragionando in maniera integrata e cercando di applicarne i principi contemporaneamente possiamo pensare di affrontare le crisi all’orizzonte tramutando i problemi in opportunità.

Alexander Langer

Ecco, fatte queste premesse, si può cercare di dare luce e corpo alle questioni sollevate anche ricorrendo alla eredità culturale di Alexander Langer. Come pochi altri, egli cercò e provò a definire un senso vero e attuale per parole come conservazione e progresso, austerità ed equilibrio, identità e tolleranza. Va sottolineato, ancora, che la conoscenza del suo pensiero e delle sue azioni ha una forte valenza pedagogica anche perché egli incarnò fino in fondo le difficoltà e le contraddizioni di una scelta profonda e radicale del concetto di sostenibilità in campo economico, politico e culturale, scevro da ogni compromesso o cedimento alla procrastinazione. Ciò lo portò spesso ad assumere posizioni radicali, isolate, sui temi della pace, della tolleranza e della conversione ecologica, lontane anche dai luoghi comuni delle tante sinistre del panorama politico internazionale. Infine, va osservato che il distacco di Langer da ogni forma di gerarchia, comprese quelle spirituali, non pose termine alla sua voglia di dialogo con le istituzioni civili e religiose né al suo interesse per il sacro. In un saggio, Langer è stato associato addirittura alla figura di Henry David Thoreau (si veda V. Altomare, Il richiamo della vita semplice, 2006).
Gli indicatori convenzionali del benessere continuano a misurare solo il ritmo dell’economia e ci informano in definitiva su quanto danaro guadagniamo e quanto velocemente, senza riflettere sull’impatto che la realtà economica ha poi realmente sulla società in termini di servizi utili oppure di danni arrecati all’ambiente e alle popolazioni. È importante il lavoro in corso, mirato a una modifica di prospettiva e all’offerta di riferimenti quantitativi capaci di valutare, assieme ai parametri economici, la capacità dell’ambiente e della società di sostenerne il ritmo. Alcuni interventi di Alexander Langer sui temi della conversione ecologica, del rapporto con la natura e con il mondo, e dell’austerità, sono qui presentati per accompagnare questo lavoro e per incoraggiare scelte politiche più attente ai fattori sociali e ambientali – e magari determinate anche da essi, anziché soltanto dai bilanci – e, soprattutto, capaci di perseguire fra i propri obiettivi anche quelli della mitigazione e dell’adattamento ai limiti della natura e dell’uomo. “La valutazione di impatto ambientale – nel senso più comprensivo di una reale valutazione delle conseguenze ecologiche, ma anche sociali e culturali a breve e lungo termine di ogni progetto – dovrà diventare il nocciolo di una nuova sapienza sociale, e va quindi adeguatamente ancorata negli ordinamenti. – sosteneva Langer – Così come altre società, passate o presenti, proteggevano con norme fondamentali e tabù (sulla guerra, l'ospitalità, l'incesto...) le loro scelte di fondo, oggi abbiamo bisogno di norme fondamentali a difesa della valutazione di impatto ambientale”.

Infine, per indirizzare eventuali interessati verso una lettura degli intrecci complessi che, fra politica, economia e società, hanno attraversato il nostro paese nella seconda metà del novecento, annoverando Alexander Langer fra i protagonisti del rinnovamento culturale di quel periodo, sono disponibili testimonianze e racconti sulla vita e sulle sue attività raccolte nell’estate 2010 durante due giornate di studio svoltesi nella cittadina di Amelia, in Umbria, e registrate nel corso di programmi radiofonici trasmessi in quegli stessi giorni da Radio 3 (Saltare i muri, il viaggio di Alexander Langer, a cura di Alessandro Leogrande, in Passioni, radio rai3 – 22, 23, 29, 30 maggio 2010). Articoli, spunti, approfondimenti, testi di e su Alex Langer sono disponibili sul sito della Fondazione a lui dedicata (http://www.alexanderlanger.org/).


Riferimenti bibliografici citati nel testo

[1] UN Climate Change Conference 2009 – cop 5, Copenhagen (Denmark), December 9th – 18th 2010, (http://webcast.cop15.dk/kongresse/cop15...; http://www.denmark.dk/en/menu/Climate-Energy/... ).
[2] S. Contu, M. Bagliani, Contabilità e indicatori per l’analisi della componente ambientale di un territorio, Il giornale dell’ingegnere, N.15, 15 settembre 2010, p.16.
[3] L. C. Stringer, Expand scientific input to address environmental effects, Nature, Vol. 465, 17 June 2010, p. 269.
[4] J. Cameron, A new direction for climate negotiations, Worldwatch Institute, June 30, 2010.
[5] M. Joeri Rogelj, Copenhagen Accord pledges are paltry, Nature, Vol. 464, 22 April 2010, p. 1126.
[6] P. Rogers, Climate Change and Security, International Security Monthly Briefing, Oxford Research Group – September 2010 (http://www.oxfordresearchgroup.org.uk/sites/default/files/Sept10En.pdf).


Registrazioni

Alexander Langer

Convegno “Alexander Langer tra ieri e domani”, 23, 24 maggio 2010, Casa-laboratorio di Cenci, Comune di Amelia, Provincia di Terni, Regione Umbria.
Interventi e contributi di Gianfranco Bettin, Anna Bravo, Daniel Cohn Bendit, Guido Crainz, Giovanni Damiani, Carlo Donolo, Goffredo Fofi, Marijana Grandits, Peter Kammerer, Gad Lerner, Fabio Levi, Franco Lorenzoni, Luigi Manconi, Giulio Marcon, Gianluca Paciucci, Edi Rabini, Wolfgang Sachs, Karl Ludwig Schibel, Marino Sinibaldi, Gianni Saporetti, Guido Viale.
- 23 maggio 2010
- 24 maggio 2010

Trasmissioni Radiofoniche: “Passioni”, Saltare i muri. Il viaggio di Alex Langer, Rai Radio3, a cura di Alessandro Leogrande
- Prima Puntata. 22 maggio 2010
- Seconda Puntata. 23 maggio 2010
- Terza Puntata. 29 maggio 2010
- Quarta Puntata. 30 maggio 2010

- “Qui comincia”, Rai Radio3, 21 maggio 2010.


Bibliografia su Alexander Langer

- Roberto Dall'Olio, Entro il limite - La resistenza mite in Alex Langer, Edizioni La Meridiana (2000).
- Alexander Langer, La scelta della convivenza, E/O (2001).
- Alexander Langer, Il viaggiatore leggero. Scritti (1961-1995), Sellerio (2003).
- Alexander Langer, Una vita più semplice. Biografia e parole di Alexander Langer, Terre di Mezzo/Altreconomia (2005).
- Marco Boato, Le parole del commiato. Alexander Langer dieci anni dopo, Edizioni Verdi del Trentino (2005).
- Vincenzo Altomare, Il richiamo della vita semplice. Thoreau e Langer oggi, Sicilia Antonio (2006).
- Fabio Levi, In viaggio con Alex. La vita e gli incontri di Alexander Langer (1946-1995), Feltrinelli (2007)


Alcuni testi tratti dal sito della Fondazione Alexander Langer:

- La conversione ecologica potrà affermarsi soltanto se apparirà socialmente desiderabile
- Quattro consigli per un futuro amico
- Caro San Cristoforo
- L'intuizione dell'austerità


--- Archivio delle pubblicazioni in homepage ---


Crediti

Tutte le immagini pubblicate sono tratte dal sito della Fondazione Alexander Langer (www.alexanderlanger.org)




  Visualizzazione attuale:
  Caratteri medi - 1024x768


IRIS su LinkedIn - Si apre in una nuova finestra


- - -
Copyright (C) IRIS 2007-2020